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Dal 1° Gennaio 2013 Nuovi termini di pagamento nelle transazioni commerciali

Il Legislatore, in questo ultimo anno, dimostra una particolare sensibilità nei confronti del fenomeno dei ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali. Infatti, nel corso del 2012, due sono stati i provvedimenti legislativi tesi ad attenuare questo fenomeno:

Ü     Un primo provvedimento, che si occupa di regolamentare i termini di pagamento nell’ambito dei contratti di compravendita di prodotti alimentari (art.62 del D.L. n.1/12, in vigore dal 24 ottobre 2012);

Ü     Un secondo provvedimento - D.Lgs. n.192/12, del quale si occupa questa informativa - che, apportando modifiche alla normativa generale già in vigore sui ritardi nei pagamenti - D.Lgs. n.231/02 – consente alle imprese, a decorrere dal 1° gennaio 2013, di disporre di una normativa più precisa e, soprattutto, di poter contare su termini più brevi per ottenere i pagamenti dovuti dalla Pubblica Amministrazione, i cui ritardi sono oggi un fenomeno che ha raggiunto dimensioni del tutto ragguardevoli e preoccupanti, sia in termini economici che sociali.

 L’ambito di operatività delle disposizioni

Le nuove regole si applicano alle transazioni commerciali concluse a partire dal 1° gennaio 2013, e riguardano i pagamenti dovuti in relazione a contratti stipulati sia tra imprese che tra imprese ed entità riconducibili alla Pubblica Amministrazione; i contratti devono avere ad oggetto la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo. Proprio perché si fa riferimento a soggetti “imprenditori” sono escluse le operazioni dove acquirente è un soggetto privato. Le regole sui ritardi nei pagamenti non si applicano ai debiti oggetto di procedure concorsuali, ivi comprese quelle finalizzate alla ristrutturazione del debito, vale a dire gli accordi di ristrutturazione o i c.d. piani attestati. Sono esclusi anche i pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno, compresi i pagamenti effettuati a tale titolo da un assicuratore.

Le nuove disposizioni rendono ora più chiari quali sono i termini di pagamento massimi tollerabili, scaduti i quali scattano gli interessi moratori:

Æ     trenta giorni dalla data di ricevimento della fattura da parte del debitore, ovvero di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. Al fine di evitare elusioni della normativa, è previsto che non hanno effetto sulla decorrenza del termine le richieste di integrazione o modifica formali della fattura o di altra richiesta equivalente di pagamento;

Æ     trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento;

Æ     trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi; ipotesi questa generalmente riconducibile alle fatturazioni in acconto;

Æ     trenta giorni dalla data dell'accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell'accertamento della conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data.

Il Legislatore, tuttavia, introduce due possibili deroghe ai termini appena indicati, e cioè:

Ü     la possibilità, nelle transazioni tra imprese, di stabilire contrattualmente un termine superiore a trenta giorni, sembrerebbe senza particolari vincoli di forma. Termini superiori a sessanta giorni sono ammessi solo se non si dimostrano come gravemente iniqui per il creditore, e devono essere espressamente previsti nel contratto, dunque risultare da un accordo scritto;

Ü     anche per i rapporti con la P.A. il termine di trenta giorni può essere derogato, ma per questo e per altri aspetti si rinvia a un paragrafo successivo.

Le parti possono comunque concordare dei pagamenti rateali. In tal caso, se il debitore non rispetta il piano di rateazione, gli interessi moratori si applicano alle rate non pagate, e quindi scadute.

Gli interessi di mora, che decorrono dal giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento, sono determinati in funzione del tasso di riferimento, valore che viene determinato semestralmente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze; poiché il tasso di riferimento potrebbe modificarsi anche più volte nel corso di un semestre, la regola è che, per il primo semestre dell’anno, si utilizza quello in vigore dal 1° gennaio mentre, per il secondo, si utilizza quello in vigore dal 1° luglio. Gli interessi moratori si determinano maggiorando il tasso di riferimento di 8 punti percentuali (erano 7 fino al 31 dicembre 2012).

Di seguito una tabella con le misure sia del tasso di riferimento che degli interessi legali di mora, relative alle annualità dal 2009 al 2012, con indicata la maggiorazione di sette punti percentuali, valida, come detto, fino al 31 dicembre dello scorso anno:

 

01.01.09 - 30.06.09

2,50

7

9,50

01.07.09 - 31.12.09

1,00

7

8,00

01.01.10 - 30.06.10

1,00

7

8,00

01.07.10 - 31.12.10

1,00

7

8,00

01.01.11 - 30.06.11

1,00

7

8,00

01.07.11 - 31.12.11

1,25

7

8,25

01.01.12 - 30.06.12

1,00

7

8,00

01.07.12 - 31.12.12

1,00

7

8,00

 

I rapporti con la Pubblica Amministrazione

le nuove regole dedicano un’attenzione particolare alle situazioni in cui parte debitrice è la Pubblica Amministrazione, destinataria di una disciplina più rigorosa rispetto a quella precedente.

Le regole generali che riguardano i termini di pagamento legali e le possibili deroghe, applicabili alle imprese, sono applicabili anche nell’ipotesi di transazioni con la P. A. In tal caso si può pattuire un termine di pagamento maggiore dei trenta giorni (ma non di sessanta), sempre per iscritto e, in tale circostanza, la scelta deve essere giustificata dalla natura o dall’oggetto del contratto, ovvero da (particolari) circostanze esistenti al momento della sua conclusione.

Il termine di trenta giorni è raddoppiato quando il debitore – P.A. è:

Ü     un’impresa pubblica cosiddetta trasparente, cioè tenuta a osservare le norme del D.Lgs. n.333/03, che attengono alla messa a disposizione delle informazioni riguardanti l’assegnazione e l’utilizzo di risorse finanziarie e, più in generale, delle relazioni finanziarie tra i poteri pubblici e le imprese pubbliche;

Ü     un’impresa pubblica che eroga servizi di assistenza sanitaria.

Per evitare comportamenti elusivi, si stabilisce che quando parte del contratto è un ente della P.A., è nulla la clausola contrattuale che predetermina o modifica la data di ricevimento della fattura, pratica evidentemente attuabile per portare in avanti la scadenza del pagamento.

Visto che le nuove regole si applicano alle transazioni commerciali concluse dal 1° gennaio 2013, ciò significa che i vecchi crediti vantati nei confronti della P.A. non potranno beneficiare delle nuove regole, certamente più favorevoli e comunque più rapide nell’assicurare una tutela al creditore. Tuttavia, questi crediti rientrano nelle procedure messe a punto nel corso dell’estate del 2012, che ammettono la possibilità di utilizzarli secondo due diverse modalità:

Æ     il credito potrà essere ceduto a una banca o a un altro intermediario finanziario, e quindi monetizzato anche se decurtato del tasso di sconto;

Æ     il credito potrà essere utilizzato per estinguere debiti per tributi erariali, regionali o locali, contributi assistenziali, premi Inail, derivanti da cartelle di pagamento o altri atti impositivi/esattivi.

Per poter cedere il credito, ovvero utilizzarlo in compensazione, è necessaria la preventiva certificazione del medesimo da parte della P.A. debitrice, che dovrà attestarne la certezza, la liquidabilità e l’esigibilità.