Attività e investimenti all'Estero

 

Oggetto: LA DICHIARAZIONE DI INVESTIMENTI E ATTIVITÀ FINANZIARIE DETENUTE ALL’ESTERO. IL MODELLO RW DI UNICO 2009

 

 

In vista della conclusione della campagna dichiarativa per il 2008, è bene non trascurare un adempimento che riguarda situazioni forse più diffuse del previsto: l’eventuale compilazione del quadro RW del modello Unico, dovuta anche nel caso in cui il contribuente non sia tenuto a presentarlo, magari perché utilizza il 730[1].

Il modulo RW è diretta conseguenza delle norme in materia di monitoraggio fiscale che, in sintesi, richiedono al contribuente di indicare in tale modello il possesso all’estero di investimenti (immobili, oggetti d’arte, ecc.) o attività finanziarie (partecipazioni, obbligazioni, somme di denaro, ecc.). L’obiettivo finale, raggiungibile grazie all’incrocio tra i vari quadri della dichiarazione, è quello di porre l’Amministrazione Finanziaria nella condizione di verificare se il contribuente dichiara correttamente i redditi eventualmente derivanti da tali beni esteri.

Prima di vedere quali sono le condizioni che obbligano alla compilazione del quadro RW, è opportuno esaminarne la struttura, approccio che aiuta a chiarire il tema, seppure in via generale, e che dovrà essere necessariamente completato con ulteriori osservazioni.

Il quadro RW si compone di tre sezioni, delle quali intanto si può dire chela Iela IIIriguardano dei flussi finanziari, mentrela II, invece, riguarda dei fondi, se si vuole consistenze, e quindi investimenti veri e propri, finanziari o no.

 

Sez. I

Vanno indicati i trasferimenti/flussi verso l’estero o dall’estero diversi da quelli che si devono indicare nelle sezioni successive. In particolare, si potrebbe trattare di trasferimenti di denaro che possono servire per un lungo soggiorno all’estero, ad esempio per ragioni di cura o di studio.

 

Le due sezioni successive sono tra di loro strettamente collegate:

 

Sez. II

Vanno indicati i beni patrimoniali detenuti all’estero: immobili, partecipazioni, obbligazioni, altri titoli, depositi di denaro etc (fondi/consistenze). In pratica, beni dai quali il proprietario potrebbe ricavare dei redditi da tassare in Italia.

Sez. III

Vanno indicati i trasferimenti/flussi finanziari che si liberano dagli investimenti indicati nella sezione II. Potrebbe trattarsi di affitti di immobili esteri, di dividendi o interessi derivanti rispettivamente dalle partecipazioni ovvero dalle obbligazioni detenute all’estero, ma anche di provviste necessarie per eseguire manutenzioni su un immobile estero, etc.

 

Vediamo ora quali sono le condizioni che generano l’obbligo dichiarativo, partendo dalla fondamentale normativa in materia di monitoraggio fiscale (D.L. n.167/90):

Ü     quanto ai flussi da indicare nella sezione I, l’obbligo dichiarativo è influenzato dalle modalità secondo cui si opera iltrasferimento all’estero o dall’estero: se si esegue un bonifico tramite una banca nazionale, l’obbligo di dichiarazione non sussiste, dato che è la stessa banca che

provvede alla segnalazione; se, invece, si opera un trasporto al seguito, ovvero si utilizza un intermediario non residente (ad esempio una filiale italiana di un soggetto estero, questo come spunto dalla R.M. n.412/E/08), il valore trasferito deve essere indicato nella sezione I; in ogni caso l’obbligo si innesca se il valore del trasferimento supera l’importo annuo di €10.000;

Ü     quanto ai patrimoni all’estero, la compilazione della sezione II è dovuta se il valore dell’investimento estero supera l’importo di €10.000 come consistenza al 31 dicembre dell’anno di riferimento; peraltro, le istruzioni alla dichiarazione dei redditi affermano che l’obbligo permane anche se, al termine dell’anno, non si hanno più investimenti in essere, fermo restando che, nel corso dell’anno, deve essere stato superato il limite di riferimento;

Ü     le movimentazioni di denaro – flussi – che interessano gli investimenti esteri, vanno sempre indicate, se superiori a €10.000 annui, indipendentemente dalle modalità secondo cui il trasferimento è stato operato: utilizzo di intermediari residenti, non residenti o trasporto al seguito.

Sempre con riferimento ai flussi – sezioni I e III – l’importo di €10.000 va calcolato sommando tanto quelli in uscita quanto quelli in entrata, ovvero quelli estero su estero: quindi i flussi di segno algebrico opposto non si elidono ma si sommano, ai fini che qui interessano.

Definite queste caratteristiche, va osservato che, soprattutto in relazione alla compilazione delle sezioni II e III, che evidentemente sono quelle più delicate, si sono avuti da sempre molti dubbi, in parte risolti dall’Agenzia delle Entrate nel gennaio del 2002, con la risposta 1.11 della C.M. n.9/02. Il tema in esame era quello di dare contenuto operativo alla previsione che sta alla base dell’obbligo di compilazione, e cioè che gli investimenti esteri vanno dichiarati se sono suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia.

In proposito, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le seguenti linee guida:

 

le attività finanziarie

 

sono sempre suscettibili di produrre redditi, e quindi vanno sempre indicate nella sezione II; ad esempio, va indicata la partecipazione in relazione alla quale non si percepisce alcun dividendo; fanno eccezione a questa regola le attività finanziarie affidate in gestione o amministrazione a intermediari residenti, ovvero i conti correnti bancari esteri se gli interessi sono pagati in Italia al titolare del conto mediante una banca residente, caso che si ritiene alquanto raro;

 

 

 

per gli altri beni

 

si deve esaminare la concreta modalità di utilizzo; il caso riguarda principalmente i beni immobili e, per esigenze di sintesi, qui diciamo solo che l’obbligo di indicare un immobile certamente non sussiste in un caso ben preciso: l’immobile utilizzato direttamente – o anche solo tenuto a disposizione – situato in uno Stato estero che non tassa nemmeno l’equivalente del reddito fondiario; anche in questo caso l’obbligo riemerge se l’immobile dovesse essere oggetto di cessione con conseguimento di una plusvalenza, essendo questa ipotesi riconducibile alla disciplina dei redditi diversi.

 

Da questo quadro si ricava, per restare al caso degli immobili, che, in caso di possesso di un’abitazione in uno Stato che non tassa la rendita fondiaria, ma solo il canone di locazione, e tale immobile fosse locato un anno sì e l’altro no, la compilazione della sezione II (e della sezione III) dovrebbe seguire lo stesso ritmo: dichiarazione dovuta per l’anno in cui l’immobile è stato locato; dichiarazione non dovuta per l’anno in cui l’immobile non è stato locato.

Va però osservato che, molto recentemente, l’Agenzia delle Entrate, con una risoluzione piuttosto contraddittoria, ha in parte smentito questo assunto. Il caso era quello di uno yacht, che risultava utilizzato direttamente dal proprietario che, alquanto zelante, aveva deciso di indicarlo nella sezione II, nel presupposto che lo stesso fosse suscettibile di produrre reddito imponibile se fosse stato noleggiato (il che, peraltro, è tutto da dimostrare con riferimento a una persona fisica).

 

In ogni caso l’Agenzia delle Entrate, pur non modificando il proprio atteggiamento verso gli immobili, ha ritenuto che la barca vada comunque indicata nel quadro RW, poiché potenzialmente suscettibile di essere noleggiata e quindi di produrre un reddito in capo al proprietario (si ribadisce quanto già detto tra parentesi).

Questo passaggio che riguarda le barche, altro non fa che ampliare le zone grigie che offuscano la disciplina relativa alla compilazione del quadro RW: solo per fare un esempio, pensiamo al caso del possesso di gioielli ed opere d’arte, richiamati più volte dalla normativa in materia di monitoraggio fiscale, ma beni in ogni caso non dissimili dagli immobili e per i quali, ancora una volta, è tutto da dimostrare che una cessione generi un reddito imponibile, almeno in Italia.

conclusioni:

la compilazione del quadro RW non genera automaticamente l’obbligo di dichiarare un reddito e quindi, tenuto conto delle forti sanzioni previste in caso di mancata compilazione – fenomeno alquanto diffuso e che ispira i provvedimenti definiti di scudo fiscale – in caso di incertezza appare consigliabile procedere comunque alla sua compilazione, scelta certo ispirata dalla cautela e non dall’obbligo. In tal senso, come detto, il caso dello yacht è emblematico.

 

il modulo RW va trasmesso unitamente al frontespizio del modello Unico.