obblighi nel contratto di agenzia del preponente e dell'agente

OBBLIGHI  DELLE PARTI NEL CONTRATTO DI AGENZIA:

  Obbligo della  documentazione

Il preponente  deve mettere a disposizione dell’agente tutta la documentazione necessaria  relativa ai beni o ai servizi trattati, i marchi nonché, se previsto dalla  tipologia del prodotto, il c.d. campionario. Quest’ultimo può essere fornito  gratuitamente, ma sotto la responsabilità dell’agente per danni eccedenti il  normale utilizzo o mancata restituzione, ovvero a pagamento, con esclusione  della responsabilità e della restituzione.

 

Obbligo di  informazioni

Il preponente  deve altresì fornire all’agente le informazioni necessarie per l’esecuzione del  contratto e sul lancio di nuovi prodotti o nuove strategie di mercato. Il  preponente, inoltre, deve comunicare tempestivamente all’agente la diminuzione  del volume delle operazioni commerciali, l’accettazione, il rifiuto o la mancata  esecuzione di un affare procurato, nonché le informazioni necessarie per  verificare l’importo delle provvigioni liquidate

 

Le proposte di  contratto

L’agente senza  rappresentanza invia al preponente le proposte di contratto negoziate con i  clienti (c.d. ordini). Se il preponente accetta la proposta, il contratto si  conclude. Al preponente, quindi, spetta la decisione sulla convenienza  dell’affare nonché la facoltà insindacabile di rifiutare l’ordine. Il rifiuto  pregiudiziale e sistematico, però, si scontra con il principio di buona fede. In questo caso, l’agente  ha diritto al risarcimento dei danni ed eventualmente alla risoluzione del  contratto. Di norma, nei contratti si prevede che gli ordini possano essere  rifiutati solo in base a determinate circostanze come l’insolvibilità del  cliente ovvero la mancanza del prodotto. Il preponente, in ogni caso, ha l’obbligo di informare, entro un  termine ragionevole, dell’accettazione o del rifiuto o della mancata esecuzione  di un affare. La norma, prevista dall’art. 1749 c.c. è inderogabile. Nella prassi, si  suole informare l’agente solo in caso di accettazione. In realtà, tale  comportamento, benché tacitamente ammesso dalle parti, è lesivo dei diritti  dell’agente. Pertanto, è preferibile che il preponente informi l’agente anche  del rifiuto. Di norma, i contratti individuali prevedono un termine entro il  quale il preponente deve comunicare l’esito  dell’ordine

 

Diritto di  esclusiva

Il preponente  non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo  stesso ramo di attività. All’agente, pertanto, spetta un diritto di esclusiva.  Tale diritto, tuttavia, è derogabile dalle parti sia con una clausola espressa  sia con una tacita manifestazione di volontà, desumibile dal comportamento delle  parti al momento della conclusione ovvero dell’esecuzione del contratto. In ogni  caso, il preponente è libero di effettuare vendite dirette anche nella zona  esclusiva dell’agente, purché ne paghi la provvigione all’agente stesso. Se,  invece, per la medesima zona, il preponente ha nominato più agenti, il diritto  alla provvigione indiretta per le vendite dirette del preponente viene meno. In  pratica, se le parti hanno convenuto che il preponente può nominare altri agenti  nella zona, all’agente non spetta alcuna provvigione sulle vendite effettuate  dal preponente.

 

Obbligo di  redigere l’estratto conto

L’art. 1749 comma 2 c.c. prevede che il preponente  consegni all’agente un estratto conto delle provvigioni dovute, al più tardi  l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale sono  maturate. Entro lo stesso termine, le provvigioni liquidate devono essere  effettivamente pagate all’agente. Una vota maturate, nasce in capo all’agente il  diritto alle provvigioni. La liquidazione, quindi, avviene trimestralmente, con  la compilazione da parte del preponente del c.d. conto provvigioni, comprensivo  di tutte le provvigioni maturate dall’agente nel corso del trimestre. Entro  trenta giorni dalla scadenza del trimestre, l’agente deve ricevere il conto  delle provvigioni e il relativo pagamento. I termini, per la redazione del conto  e l’effettivo pagamento, possono essere solo più brevi. In caso di ritardo nel  pagamento di oltre 15 giorni, il preponente deve versare per tutti i giorni di  ritardo un interesse in misura pari al tasso ufficiale di  riferimento.

 

La zona

L’oggetto del  contratto di agenzia deve chiaramente indicare l’ambito territoriale (c.d. zona) ovvero di clientela, i  prodotti di cui promuovere la vendita, la provvigione e i compensi.

 

Modifica del  contratto

Il contratto  può essere modificato di comune accordo tra le parti. Tuttavia, nella prassi dei  contratti individuali, si prevedono clausole che attribuiscono a una delle  parti, di norma il preponente, il potere di modificare unilateralmente il  contenuto del contratto, come per esempio la zona o la provvigione. Il potere di  modifica unilaterale, a condizione, che sia limitato e che sia esercitato dal  titolare con l’osservanza dei principi di correttezza e buona fede, può trovare giustificazione nell’esigenza  di bilanciare il rapporto contrattuale. Tuttavia, le clausole di attribuzione  del potere di modifica unilaterale sono da ritenersi di dubbia efficacia.  Inoltre, la giurisprudenza ne ha disconosciuto ripetutamente la  validità

 

Obbligo di  tutela degli interessi del preponente (generale obbligo di buona fede)

L’agente ha  l’obbligo di tutelare gli interessi del preponente e di agire con lealtà e buona fede, nonché l’obbligo di  seguire le istruzioni del preponente, nel rispetto dell’autonomia organizzativa.  Il preponente, invece, deve agire con lealtà e buona fede.

 

Obbligo di  informazioni

L’agente deve  fornire al preponente informazioni sulle condizioni di mercato e su ogni altro  aspetto utile per valutare la convenienza dei singoli affari. Pertanto, l’agente  deve tenere informato il preponente sui clienti visitati, sugli ordini raccolti,  sugli affari conclusi e sulla solvibilità dei clienti. Il preponente, per  contro, non può pretendere dall’agente rapporti o rendiconti periodici  sull’attività svolta. In proposito, gli AEC prevedono che l’agente sia tenuto a  informare costantemente il preponente sulla situazione del mercato in cui opera  ma non sia tenuto a relazioni con periodicità prefissata sull’esecuzione delle  proprie attività. In concreto, è preferibile evitare di inserire nel contratto  obblighi di rapporti periodici troppo minuziosi e con intervalli temporali  brevi. Inoltre, è sconsigliabile prevedere obblighi simili, al solo scopo di  invocarne pretestuosamente l’inadempimento. Infatti, l’inosservanza di obblighi  d’informazione troppo stringenti non costituisce per il preponente motivo di  recesso per giusta causa.

 

Obbligo di  promuovere stabilmente la conclusione di contatti

L’agente assume  l’obbligo di promuovere stabilmente la conclusione di contatti per conto del  preponente attraverso regolari e continue visite e contatti con la clientela.  L’inadempimento dell’obbligo di promozione può portare alla  risoluzione del contratto. Tuttavia, per circoscrivere l’adempimento, nella  prassi, si inserisce nel contratto una clausola che preveda minimi di fatturato  che l’agente si impegna a realizzare. In questo caso, se il livello di fatturato  è stato concordato dalle parti in relazione alle possibilità di assorbimento del  mercato, il mancato raggiungimento del minimo comporta l’inadempimento  dell’agente, salvo la prova della forza maggiore o delle cause imputabili al  preponente.

 

L’inadempimento

Nella prassi,  l’inadempimento è regolato da una clausola risolutiva espressa con o senza  preavviso. Le parti possono altresì prevedere il mancato raggiungimento del  minimo come motivo di recesso per giusta causa (c.d. recesso in tronco). Tale  soluzione, tuttavia, non è da preferirsi in quanto il giudice potrebbe non  ravvisare l’esistenza di motivi sufficienti per giustificare l’applicazione del  recesso in tronco e mantenere in vita il rapporto  contrattuale.

 

Obbligo di  aderenza alle indicazioni del preponente

Nella  promozione dei contratti, l’agente deve proporre le condizioni, i prezzi, i  termini di consegna o gli sconti fissati dal preponente. Proporre condizioni  diverse da quelle fissate dal preponente comporta la violazione di un obbligo  contrattuale. In concreto, è possibile inserire nel contratto clausole che  prevedano la riduzione proporzionale delle provvigioni o che pongano a carico  dell’agente la differenza tra quanto fissato dal preponente e quanto negoziato  con l’acquirente. In ogni caso, il preponente può rifiutare  l’ordine.

 

Le proposte di  contratto

L’agente senza  rappresentanza invia al preponente le proposte di contratto negoziate con i  clienti (c.d. ordini). Se il preponente accetta la proposta, il contratto si  conclude. Al preponente, quindi, spetta la decisione sulla convenienza  dell’affare nonché la facoltà insindacabile di rifiutare l’ordine. Il rifiuto  pregiudiziale e sistematico, però, si scontra con il principio di buona fede. In questo caso, l’agente  ha diritto al risarcimento dei danni ed eventualmente alla risoluzione del  contratto. Di norma, nei contratti si prevede che gli ordini possano essere  rifiutati solo in base a determinate circostanze come l’insolvibilità del  cliente ovvero la mancanza del prodotto.

 

L’esclusiva

Il preponente  non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo  stesso ramo di attività. All’agente, pertanto, spetta un diritto di esclusiva.  Tale diritto, tuttavia, è derogabile dalle parti sia con una clausola espressa  sia con una tacita manifestazione di volontà, desumibile dal comportamento delle  parti al momento della conclusione ovvero dell’esecuzione del contratto. In ogni  caso, il preponente è libero di effettuare vendite dirette anche nella zona  esclusiva dell’agente, purché ne paghi la provvigione all’agente stesso. Se,  invece, per la medesima zona, il preponente ha nominato più agenti, il diritto  alla provvigione indiretta per le vendite dirette del preponente viene meno. In  pratica, se le parti hanno convenuto che il preponente può nominare altri agenti  nella zona, all’agente non spetta alcuna provvigione sulle vendite effettuate  dal preponente.

 

Trattare affari  di più imprese

L’agente non  può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli  affari di più imprese in concorrenza tra loro. Il divieto deve essere inteso sia  nel senso di prodotti concorrenti, sia nel senso di preponenti concorrenti.  Tuttavia, in assenza di una specifica norma contrattuale, la valutazione di  prodotti o preponenti concorrenti deve essere fatta in concreto, caso per caso.  Si precisa che l’obbligo di non concorrenza va riferito solo alla zona esclusiva  dell’agente. Questi, inoltre, non può eludere l’obbligo attraverso l’utilizzo di  terze persone.

 

L’agente  monomandatario

Le parti  possono prevedere che l’agente operi esclusivamente per il proponente, con  l’espressa esclusione di ogni altra attività, anche non concorrente. In questo  caso si parla di agente monomandatario. Si precisa che è considerato  monomandatario solo se il patto di esclusiva è espresso. Per contro, un agente  che operi di fatto solo per un proponente ma senza alcuna previsione  contrattuale, è considerato plurimandatario. La differenza rileva in quanto gli  AEC riservano al monomandatario una disciplina più  favorevole.

 

 Obbligo di  tutelare gli interessi del preponente (solvibilità dei clienti)

Sussiste a  carico dell’agente l’obbligo generale di tutelare gli interessi del preponente e  di preoccuparsi della solvibilità dei clienti. In particolare, l’agente non può  trasmettere ordini di clienti di cui conosce l’insolvenza ovvero di cui conosce  l’impossibilità di adempimento del pagamento. Nei casi dubbi, l’agente deve  informare il preponente, al quale spetta la decisione di accettare l’ordine. In  caso di inosservanza, dolosa o colposa, degli obblighi informativi, l’agente è  inadempiente e risponde dei danni subiti dal preponente. La responsabilità  dell’agente, comunque, sussiste solo in caso di violazione degli obblighi di  diligenza verso il preponente (culpa in  eligendo), mentre non è ravvisabile per il solo fatto che il cliente  sia risultato insolvente.

 

 Obiettivi  minimi

Per esempio,  non incorrono nei divieti dell’art. 1746  comma 3 le clausole con cui l’agente si impegna a raggiungere  determinati obiettivi minimi in relazione al numero di clienti solvibili. La  sanzione per l’inadempimento di tali obblighi, però, non deve essere il  risarcimento dei danni al preponente, ma, per esempio, la risoluzione del  contratto per inadempimento ovvero la diminuzione proporzionale della  provvigione ovvero ancora la perdita di determinati benefici e  vantaggi.

 

Riscossioni e  sconti

Salvo diverso  accordo scritto, l’agente non può riscuotere  crediti per il preponente, né concedere sconti o dilazioni. Se il  contratto di agenzia prevede fin dall’inizio la facoltà di incassare i crediti,  il corrispettivo per tale attività deve ritenersi compreso nella provvigione  pattuita. Se, invece, l’incarico di incassare viene conferito nel corso del  rapporto contrattuale, l’attività è da considerarsi accessoria e deve essere  compensata separatamente

 

Impedimenti  dell’agente

Secondo l’art. 1747 c.c., l’agente che non è in  grado di eseguire l’incarico affidatogli deve dare immediato preavviso al  preponente. In mancanza, è obbligato al risarcimento del danno. Il risarcimento,  però, non è collegato alla mancata comunicazione ma all’effettivo danno prodotto  al preponente, su cui grava l’onere della prova. In sostanza si tratta di fatti  di carattere oggettivo o soggettivo che impediscono all’agente di svolgere la  propria attività, indipendentemente dalla propria volontà. Pertanto, sono  impedimenti la malattia, l’infortunio, l’invalidità, incendi, terremoti e tutti  gli eventi di portata tale da impedire l’esecuzione dell’incarico di agenzia.  L’impedimento è una causa legittima di sospensione del contratto, senza  responsabilità dell’agente. Sono, pertanto, esclusi gli eventi frutto della  volontà dell’agente

 

La provvigione

Benché sia  possibile remunerare l’agente in forme diverse, la remunerazione normale è la provvigione.  Pertanto, rimborsi spese, compensi per attività accessorie, se  proporzionali al valore dell’affare, vengono considerati retribuzioni  provvigionali. Infatti, il principio generale prevede che, salvo patto  contrario, l’agente non abbia diritto al rimborso delle spese di agenzia.  Pertanto, le spese sostenute per l’esercizio dell’attività, sono a carico  dell’agente e sono coperte dalla provvigione. Tuttavia, le parti possono  prevedere nel contratto il rimborso di determinate spese

La provvigione  matura solo se gli affari proposti dall’agente vengono accettati dal preponente,  con la conclusione di un contratto con il cliente. Tuttavia, l’agente non ha  diritto alla provvigione se il contratto con il cliente non viene eseguito per  cause non imputabili al preponente. Pertanto, la conclusione del contratto non  fa sorgere il diritto alla provvigione ma ne costituisce un presupposto  necessario. Inoltre, perché nasca il diritto alla provvigione, vi deve essere un  nesso tra l’attività dell’agente e la conclusione dell’affare. In proposito, per  gli agenti non esclusivi, si  distingue tra affari promossi direttamente dall’agente, affari conclusi dal  preponente senza l’intervento dell’agente, con clienti già acquisiti dall’agente  ovvero con clienti della zona o riservati all’agente. Nel primo caso, l’agente  ha diritto alla provvigione su tutti gli affari conclusi durante il rapporto,  quando l’operazione sia stata conclusa per effetto del suo intervento. Se  l’attività dell’agente porta alla conclusione di affari fuori dalla zona oggetto  del contratto, il diritto alla provvigione non è riconosciuto. Le parti,  tuttavia, possono convenire in seguito, anche tacitamente, di far rientrare  l’affare concluso nell’alveo del contratto.

 

La provvigione  per affari conclusi dal preponente

La provvigione,  inoltre, secondo l’art. 1748 comma  2 c.c., è dovuta anche per gli affari conclusi dal preponente con  clienti già acquisiti dall’agente per affari dello stesso tipo o appartenenti  alla zona o alla categoria o al  gruppo di clienti riservati all’agente. La norma riconosce  all’agente il diritto alla provvigione anche in assenza di un intervento  diretto, ma al contempo ne limita la portata. Per esempio, il  contratto concluso tra il preponente e un cliente già acquisito dall’agente per  affari di tipo diverso da quelli previsti nel contratto, non fa sorgere il  diritto alla provvigione in quanto la norma in parola prevede che gli affari  debbano essere dello stesso tipo

Diversa,  invece, è la situazione in cui la promozione e l’esecuzione di un affare  interessino zone o clienti affidati in esclusiva ad agenti diversi

 

La provvigione  per affari conclusi dopo la cessazione del  contratto

L’agente  ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo la cessazione del  contratto se la proposta è pervenuta al preponente o all’agente in data  antecedente ovvero se gli affari sono conclusi entro un tempo ragionevole dalla  data della cessazione del contratto e la conclusione è da ricondurre  prevalentemente all’attività dell’agente. In quest’ultimo caso, la provvigione è  dovuta all’agente precedente, salvo che da specifiche circostanze, risulti equo  ripartire la provvigione tra gli agenti intervenuti. La norma in parola risolve  l’eventuale conflitto tra agente precedente e agente successivo e non comporta  alcun onere per il preponente. Nel caso di affari basati su  contratti di durata (somministrazione, fornitura ecc.), in cui le  provvigioni sono ripartite su tutte le forniture effettuate nell’ambito dello  stesso affare, è preferibile definire contrattualmente i criteri per  l’assegnazione delle provvigioni

 

Maturazione della provvigione

L’art. 1748 comma 4 c.c. stabilisce che, salvo  patto contrario, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in  cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione, in base  al contratto concluso con il terzo. Al più tardi ma inderogabilmente, la  provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il cliente ha  eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione, qualora il preponente avesse  eseguito la prestazione a suo carico. Secondo il criterio generale, quindi, il  diritto dell’agente matura al momento in cui il preponete esegue la propria  prestazione o avrebbe dovuto eseguirla in virtù del contratto con il cliente. La  provvigione, pertanto, sarà dovuta anche in caso di inadempimento del  preponente, ma non in caso, per esempio, di forza maggiore ovvero di eccezione  di inadempimento. In caso di adempimento parziale, se il contratto ne prevede la  possibilità, la provvigione spetta sulla parte eseguita. In caso contrario, se  l’adempimento parziale del preponente non è conforme al contratto e viene  considerato inadempimento, l’agente maturerà ugualmente e per intero il diritto  alla provvigione.

 

Provvigioni e  clausola “salvo buon  fine”

Le parti  possono derogare al criterio generale e stabilire che la provvigione maturi al  momento in cui il cliente esegue o avrebbe dovuto eseguire la sua prestazione.  La deroga in esame viene comunemente definita “clausola salvo buon fine”. In questo frangente, nel caso in cui il  preponente abbia regolarmente adempiuto ma il cliente non paghi, il diritto alla  provvigione per l’agente non matura. Per contro, nel caso in cui il cliente non  esegua la prestazione a causa dell’inadempimento del preponente, il diritto alla  provvigione per l’agente matura, sempre che l’inadempimento del preponente non  sia riconducibile, per esempio, a forza maggiore ovvero eccezione di  inadempimento. Nel caso di adempimento parziale del cliente, se il contratto ne  prevede la possibilità, la provvigione spetta sulla parte eseguita. In caso  contrario, se l’adempimento parziale non è conforme al contratto e viene  considerato inadempimento, la provvigione non maturerà, nemmeno in parte.

 

Restituzione  delle provvigioni

L’art. 1748 comma c.c. prevede che l’agente sia  tenuto a restituire le provvigioni riscosse solo nell’ipotesi e nella misura in  cui sia certo che il contratto tra il cliente e il preponente non avrà  esecuzione per cause non imputabili al preponente. La norma in parola si applica  all’ipotesi in cui il pagamento della provvigione debba avvenire prima del  momento in cui è possibile verificare se il terzo abbia eseguito, per esempio,  quando le parti hanno stabilito che il diritto alla provvigione matura con la  conclusione del contratto. Affinché la provvigione non debba essere restituita,  la mancata esecuzione deve essere riconducibile a una causa imputabile al  preponente, ossia un comportamento doloso o colposo del preponente che abbia  determinato la mancata esecuzione del contratto. La prova dell’imputabilità al  preponente deve essere fornita  dall’agente

Se il  preponente e il cliente si accordano per non dare, in tutto o in parte,  esecuzione al contratto, l’agente ha diritto, per la parte non eseguita, a una  provvigione ridotta, secondo gli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità.  La norma in parola è dettata per il caso in cui la mancata esecuzione non  imputabile al preponente sia dovuta a motivi commerciali. Pertanto, per esempio,  qualora il preponente non possa eseguire per motivi di forza maggiore e si  accordi con il cliente per una fornitura diversa da quella prevista, l’agente  non avrà diritto alla provvigione sulla parte di contratto non  eseguita.

 

Calcolo della  provvigione

I criteri per  il calcolo della provvigione sono lasciati alla negoziazione delle parti.  Infatti, non esiste alcuna norma, nemmeno collettiva, che stabilisca minimi  provvigionali inderogabili ovvero sistemi di calcolo obbligatori. Anche la  determinazione della base su cui calcolare la provvigione ha natura pattizia. Nella prassi vi sono vari metodi di calcolo della provvigione,  idealmente distinti in sistemi a percentuale e sistemi a cifra fissa. I primi  sono i più diffusi, soprattutto per la maggiore flessibilità delle percentuali  rispetto ai mutamenti del mercato, alle variazioni dei prezzi e all’inflazione.  Di seguito si fornisce una sintetica analisi dei sistemi maggiormente  utilizzati.

1. Percentuale  fissa

La percentuale  fissa è calcolata sul valore degli affari la cui conclusione è procurata  dall’agente. La percentuale fissa può essere applicata anche a singoli articoli  o singoli clienti. Le aliquote cambiano in base ai settori (industria,  commercio, ecc), alle zone, alle tipologie merceologiche, agli usi locali ecc. e  variano dallo 0,5% al 30% e oltre.

 

2. Percentuale  crescente

L’aliquota  varia a seconda del valore dell’affare concluso. Per esempio, si prevedono  aliquote maggiori per vendite che superano un determinato valore. L’aliquota può  variare anche in funzione di determinati clienti ovvero del valore degli affari  raggiunto in corso d’anno.

In questo modo,  l’agente riceve una retribuzione più che proporzionale rispetto al volume  d’affari ed è incentivato a promuovere affari di valore sempre più  alto.

3. Percentuale  decrescente

È il caso  inverso del precedente. All’aumento del valore dell’affare corrisponde un  decremento dell’aliquota. Il sistema è poco diffuso in quanto disincentivante.  Si utilizza soprattutto per calcolare la provvigione su un singolo affare in  alcuni settori particolari (grandi impianti e macchinari). Il contratto deve  prevedere espressamente quando un affare deve considerarsi singolo.

4. Cifra fissa  per singole quantità di prodotto

Il sistema  della percentuale fissa è meno dinamico e non mette al riparo l’agente dalle  variazioni di prezzo. La cifra fissa, comunque, può aumentare in funzione della  quantità di prodotto venduto, avvicinandosi, in questo modo, al sistema della  percentuale crescente.

5. Sistema  misto

Si prevede una  percentuale (costante o differenziata) e premi a cifra fissa o crescente che  vengono riconosciuti all’agente quando il volume degli affari supera una  determinata quota. Il sistema misto presenta il vantaggio della flessibilità,  data dalla percentuale, e permette all’agente di beneficiare dei premi di  produzione, funzionando da incentivo alla promozione degli affari.

6. Il  sovrapprezzo

All’agente non  viene riconosciuta né una percentuale né un fisso bensì solo il sovrapprezzo,  ossia la differenza in positivo tra il prezzo fissato dal preponente e il prezzo  spuntato dall’agente. Il sistema del sovrapprezzo, però, tende a provocare un  aumento dei prezzi a discapito dell’aumento della produzione. Pertanto, il  sistema è ormai quasi in disuso.

 

Estratto conto  delle provvigioni

L’art. 1749 comma 2 c.c. prevede che il  preponente consegni all’agente un estratto conto delle provvigioni dovute, al  più tardi l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale  sono maturate. Entro lo stesso termine, le provvigioni liquidate devono essere  effettivamente pagate all’agente.

 

La liquidazione  delle provvigioni

Una vota  maturate, nasce in capo all’agente il diritto alle provvigioni. La liquidazione,  quindi, avviene trimestralmente, con la compilazione da parte del preponente del  c.d. conto provvigioni, comprensivo di tutte le provvigioni maturate dall’agente  nel corso del trimestre. Entro trenta giorni dalla scadenza del trimestre,  l’agente deve ricevere il conto delle provvigioni e il relativo pagamento. I  termini, per la redazione del conto e l’effettivo pagamento, possono essere solo  più brevi. In caso di ritardo nel pagamento di oltre 15 giorni, il preponente  deve versare per tutti i giorni di ritardo un interesse in misura pari al tasso  ufficiale di riferimento. Nella prassi, è molto diffuso il sistema degli anticipi su base  mensile. Alla chiusura del trimestre vi è un conguaglio, anche nel caso di  anticipi per affari “salvo buon  fine”.

 

Indennità di  scioglimento del contratto

Vi è un  profondo contrasto di legittimità tra la disciplina dettata dall’art. 1751 c.c.  e quella prevista dagli AEC 2002, la cui trattazione esula il presente lavoro.

L’art. 1751 c.c. è applicabile nei rapporti con  agenti stranieri e con agenti non iscritti alle associazioni firmatarie degli  AEC, nonché in tutti i casi in cui il giudice ritiene illegittima la disciplina  collettiva sull’indennità. L’art. 1751, prevede che all’atto della cessazione  del rapporto contrattuale, il preponente sia tenuto a corrispondere all’agente  un’indennità. Questa è dovuta solo se concorrono cumulativamente due condizioni.  Il primo luogo, durante la vita contrattuale, l’agente deve avere procacciato nuovi clienti ovvero deve avere sensibilmente sviluppato gli affari con i  clienti esistenti e il preponente ne riceva ancora vantaggi  sostanziali. In secondo luogo, l’ammontare dell’indennità deve essere equo,  tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni  che l’agente perde, risultanti dagli affari con tali clienti.

L’indennità è  dovuta anche se il rapporto cessa per morte dell’agente. L’indennità, invece,  non è dovuta in caso di recesso del preponente per giusta causa e in caso di  recesso dell’agente, salvo che tale recesso sia dovuto a circostanze  attribuibili al proponente ovvero da altri motivi quali età, infermità o  malattia, per i quali l’agente non può proseguire l’attività. L’indennità,  inoltre, non è dovuta se l’agente, ai sensi di un accordo con il preponente,  cede a un terzo il contratto di agenzia. L’agente, poi, decade dal diritto  all’indennità se entro un anno dalla cessazione del rapporto, non comunica al  preponente l’intenzione di far valere i propri diritti. La concessione  dell’indennità, comunque, non priva l’agente del diritto all’eventuale  risarcimento dei danni.

L’importo  dell’indennità non può essere superiore all’indennità annua calcolata sulla base  delle retribuzioni medie riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni. Se il  contratto ha meno di cinque anni, l’indennità si calcola sulla media del periodo  di durata del contratto.

Le norme  previste dall’art. 1751 sono inderogabili a svantaggio dell’agente.

Per poter  pretendere l’indennità, l’agente deve provare l’esistenza dei requisiti imposti  dall’art. 1751 comma 1. Pertanto, deve essere provato sia l’apporto di clientela  sia la permanenza della stessa presso il preponente dopo la fine del rapporto.  In assenza di tali presupposti, non sorge in capo all’agente il diritto  all’indennità. L’articolo in commento non fornisce alcun criterio per la  determinazione dell’ammontare dell’indennità ma indica solamente un tetto  massimo, pari alla media annua delle provvigioni degli ultimi cinque  anni.

Nella  determinazione dell’ammontare, quindi, si seguono necessariamente elementi  empirici, quali l’importanza dei nuovi clienti apportati, i vantaggi ricavati  dal preponente grazie ai nuovi clienti, le provvigioni perse dell’agente, il  contributo dell’agente allo sviluppo della clientela, il comportamento  dell’agente durante il rapporto e così via. Nella prassi, anche giudiziale, si  parte dal massimo dell’indennità e si determina una percentuale equitativa  tenendo in considerazione gli elementi empirici individuati. Tuttavia, data  l’inevitabile discrezionalità implicita nel metodo di calcolo equitativo, i  risultati che si possono raggiungere possono essere sensibilmente disomogenei.